Greta non era una ragazza comune.


Era cresciuta tra i campi dorati di grano e i pascoli verdissimi del Monte Belvedere, in totale sintonia con la natura. Lontana dal mondo industrializzato e digitalizzato,Greta era solita svegliarsi la mattina con il canto degli uccelli e l’odore di pane appena sfornato danna nonna Giuseppina.


A quattordici anni, Greta aveva un legame profondo con il suo ambiente. Aiutava i genitori nella fattoria, prendendosi cura degli animali e coltivando l’orto familiare con passione e dedizione.


Il suo sogno era quello di portare avanti la piccola azienda agricola, così com’era stato per generazioni nella sua famiglia.


Un giorno, mentre tornava a casa in bicicletta, Greta sentì degli strani discorsi tra gli adulti del villaggio. Parlavano a bassa voce, preoccupati. Iniziò piano piano ad origliare e fu così che venne a sapere della proposta di costruzione di grandi allevamenti intensivi nella loro zona.





Grandi aziende multinazionali, attratte dai bassi costi dei terreni e dalla posizione strategica, avevano infatti pianificato di installare enormi strutture per la produzione intensiva di suini e pollame.


Le promesse di sviluppo economico e creazione di posti di lavoro, nascondevano il rischio di inquinamento delle acque, degrado del suolo e un impatto negativo sulla qualità della vita della comunità.


Greta non poteva credere alle sue orecchie.


Quel luogo che lei considerava sacro, dove l’aria era ancora pulita e il suolo fertile, rischiava di essere trasformato in un centro di produzione intensiva, con tutte le conseguenze ambientali e sociali che ne sarebbero derivate.


Decisa a fare qualcosa, Giulia decise di agire.


Iniziò a informarsi, leggendo libri e documenti online sulla salute ambientale e gli impatti degli allevamenti intensivi. Si mise in contatto con attivisti locali e esperti, cercando di capire come potesse difendere la sua comunità e il suo amato territorio.


Con il sostegno dei suoi genitori e degli abitanti del villaggio che condividevano le sue preoccupazioni, Greta organizzò una petizione e raccolse firme tra gli abitanti del paese.


Si recò alle riunioni del consiglio comunale, portando prove scientifiche e testimonianze degli effetti negativi di tali progetti su altre comunità rurali.

Non fu facile.


L’iniziativa delle grandi aziende aveva già guadagnato il sostegno di alcuni politici locali e di parte della popolazione, attratti dalle promesse di crescita economica.


Tuttavia, Giulia non si arrese.

Con passione e determinazione, riuscì a sensibilizzare sempre più persone sulla necessità di proteggere l’ambiente e di difendere lo stile di vita rurale che amavano così profondamente.



Alla fine, grazie all’unione e alla determinazione della comunità, la proposta degli allevamenti intensivi fu respinta


Oggi Greta continua a lottare per un futuro in cui la vita in campagna possa coesistere in armonia con il progresso, al grido di “il mio futuro non lo vendo”

Gruppo 4


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