Era il viaggio che sognavo da un pezzo: un Interrail attraverso l’Europa. Zaino in spalla, amici al fianco e un biglietto che ci avrebbe portato da una città all’altra. Ogni fermata era una scoperta nuova, un pezzetto di mondo che sembrava diverso da qualsiasi cosa avessi mai visto.
Partimmo una mattina presto, col sole che sbucava appena sopra le colline. Il treno scorreva sui binari, e fuori dal finestrino sfrecciavano campi, colline, paesi sonnolenti. La prima tappa fu Berlino: un mix assurdo di storia e modernità, con murales enormi e palazzi che sembravano raccontare storie di un’altra epoca. Passeggiavamo tra le strade, assaggiando cibo di strada e cercando di non sembrare troppo turisti, anche se poi finivamo sempre per perderci.
Poi ci fu Amsterdam, con i canali e le biciclette ovunque. Era come essere in un altro mondo, dove ogni cosa si muoveva lenta e sembrava fatta apposta per esplorare. Passavamo le serate a chiacchierare lungo i ponti, guardando il riflesso delle luci sull’acqua.
Ma la tappa che ricordo di più fu Parigi. Scendemmo dal treno ancora un po’ assonnati, e vedere la Torre Eiffel spuntare nel cielo grigio fu come una scossa di energia. Salii fino in cima con gli amici, e lì sopra, mentre guardavamo la città illuminarsi al tramonto, capii quanto fosse pazzesco tutto quello che stavamo vivendo.
L’Interrail era un viaggio senza mappa, dove ogni stazione ci regalava qualcosa di nuovo. A bordo di quei treni ci sentivamo liberi, senza il peso delle solite cose, senza i compiti, senza dover tornare per cena. Era come se il mondo si aprisse davanti a noi, binario dopo binario.
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